“Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio”. Un’affermazione che ascolteremo la notte di Natale, quasi a ricordarci che la nascita del Salvatore è anche una questione di sguardi e di orizzonti che si dischiudono. Il profeta Isaia scrive queste parole quando attorno a lui lo scenario appare desolante, pieno solo di macerie, eppure sa profetizzare per Gerusalemme un giorno di liberazione e di pienezza, giorno che solo i profeti di Dio e le sentinelle attente riescono a pre-vedere.
Non è allora strano sostenere che il Natale sia davvero una questione di sguardi, soprattutto tenendo conto che tutto il tempo liturgico ci suggerirà di non rimanere schiavi della realtà, nella quale spesso facciamo esperienza di macerie che si aggiungono a macerie, di buio non illuminato da nessuna luce e di tenebre che sembrano prevalere sempre e comunque.
Anche l’apostolo Giovanni nel Prologo al suo Vangelo inaugura uno sguardo che va oltre le nubi, che sa bucare le tenebre del mondo, arrivando fino a Dio: “E noi vedemmo la sua gloria”. Se è vero allora che il Natale di Gesù manifesta la certezza che “Il Verbo si è fatto carne”, e che ha messo la sua tenda in mezzo a noi, ci potremo ancora una volta chiedere: Ma i nostri occhi cosa vedono? Dove andiamo a cercarla questa gloria di Dio?
Il motto episcopale: La gloria di Dio è l’uomo vivente mi ritorna prepotentemente in soccorso, per riconoscere che nella fragile carne di un bambino appena nato c’è – ancora una volta – lo sguardo di Dio per noi. Questo intreccio di sguardi ci fa sempre bene. Il nostro, spesso confuso e disorientato, proteso alla ricerca di luce, e il suo, che continua a vedere noi e questa terra con benevolenza. Sentirsi guardati da Dio strappa dall’emarginazione e dall’insignificanza, anche perché è sconsolante e amaro non essere visto da nessuno o fare l’esperienza di essere “guardato dall’alto in basso”.
“Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri occhi”, dice il salmo, ed è come recuperare sguardi che illuminano in contro tendenza la ricerca di Dio. Lui si presenta fragile, indifeso, piccolo e povero. In un tempo nel quale attirare l’attenzione passa dall’esibirsi ad ogni costo, ponendo in atto tecniche sofisticate per attirare sguardi con l’unica idea fissa di comparire sotto i riflettori, a Natale dovremo guardare in altro modo la gloria di Dio. E portare i nostri sguardi e la nostra passione per l’umanità sui piccoli, sugli umili, su coloro che sono ai margini, rendendo loro l’onore che spetta a Dio che si fa uomo con queste caratteristiche. E riconoscendo che basta essere uomo per essere degno dello sguardo di Dio, per sempre. Anche quando le apparenze sembrano far venire meno dignità e onore.
Come un augurio, accogliamo allora queste parole di Origene, antico padre della Chiesa: “Possa il Signore Gesù toccare i nostri occhi, per renderci capaci di guardare anche ciò che non si vede. Possa aprirli, questi occhi, perché contemplino non solo il presente, ma l’avvenire, e possa donarci gli occhi del cuore, con i quali possiamo vedere Dio attraverso lo Spirito”. Buon Natale a tutti voi.
+ Antonello Mura